Teresa Manes, Strangius 2025
Sono trascorse poche settimane dall’evento di apertura del Festival letterario #Strangius, appuntamento graditissimo e partecipato che anima strade e corti del comune di Serramanna.
La partecipazione dimostra il valore delle scelte in controtendenza. Complimenti alla direzione artistica, assessore sindaco e giunta.
Un festival letterario è la conquista di uno spazio di riflessione che convoca la nostra struttura emotiva e chiede conto su chi siamo e cosa vogliamo diventare.
È uno spazio interiore che permette di comprendere il cambiamento.
Il cambiamento, possiamo anche chiederci se ci piaccia o meno, purché pronti ad accettare la risposta e le sue conseguenze.
Così mi sono arrivate le parole di Teresa Manes, madre di Andrea e Daniele: autentiche e libere. Quando senza indugio rispose: " io non posso dare consigli, io non sono riuscita a salvare la vita di mio figlio".
Per quanto quelle parole fossero impossibili da pronunciare, la cosa che mi colpì fu la predisposizione ad accogliere tutti noi. Non c'era spazio per la rabbia nelle sue parole. Né un giudizio di condanna per una generazione sovrastata dagli strumenti totalizzanti che utilizza, forse anche inconsapevolmente.
C'era comprensione, ascolto e la possibilità concreta che qualsiasi cosa accadesse nella vita di un giovane non sarebbe mai rimasto solo. Qualcuno lo avrebbe capito rassicurato, salvato. C'era la presenza.
Andrea oggi vive nei suoi ricordi, nella testimonianza, nelle parole misurate che rivolge agli studenti e a tutti noi. Daniele da tredici anni cresce senza suo fratello maggiore. La madre omise il suicidio. Preferì ricorrere alla tragica fatalità e affidarsi al tempo.

Il tempo è quello che non si è concesso Andrea.
Forse tutto era diventato troppo per un ragazzo di quindici anni che amava la vita, l’estro e la fantasia, ma doveva fronteggiare la fine del rapporto dei suoi genitori, un amore respinto e una comunità scolastica che lo derideva sui social. Un'esplosione di sentimenti contrastanti impossibili da riorganizzare nello spazio di un cuore.
L’energia dirompente di un adolescente sembra sia stata spenta da un contesto culturale disattento, molto più proiettato a far funzionare i propri meccanismi che accrescere la struttura emotiva dei suoi giovani membri. Ah già, perché per quanto tecnologicamente avanzato possa essere questo mondo niente prescinde dalla nostra capacità di comprensione.
Forse tutto era iniziato per gioco. Un brutto gioco che non tiene minimamente conto delle ricadute negative sulla parte lesa. Questo stano gioco continua a fare irruzione nella storia dell’uomo, nel quale l’altro è presupposto solo come bersaglio, non come persona.
La vera difficoltà è superare il modello vittima-carnefice. Tutta l'energia resta bloccata in questo schema. Il rispetto diventa un omaggio alla prevaricazione, il silenzio si trasforma in complicità. Le parole sono usate per ferire deridere e inchiodare una persona a un'immagine che non gli appartiene. L'energia creativa viene sprecata in pensieri distruttivi e autodistruttivi, non c'è più desiderio, né felicità.
Se le parole influenzano profondamente i nostri pensieri, la capacità di fuggire l'implosione dipende dalla comprensione del linguaggio. Ri-educare il linguaggio è solo l'inizio.
Scegliere le parole con cura significa riconoscere l'altro come persona, significa riconquistare il limite come spazio di condivisione, significa conoscere e desiderare. Forse è proprio questa la difficoltà: avere la capacità di desiderare, dedicarsi spazio e tempo. Avere cura della nostra sensibilità esattamente come abbiamo cura di quella che mi sta di fronte.
Tutto il tempo che Teresa ci ha concesso è stato un tempo prezioso perché usava le parole non per occupare le coscienze ma per aprire spazi di libertà in modo che ciascuno di noi potesse "fiorire" umanamente.

La corte, Strangius 2025.
Il supporto autorevole cui spesso si fa riferimento per sanare le ferite dell'anima non è fuori di noi, anzi convoca singolarmente ognuno di noi, non importa l'età.
Se penso a questo strano sistema che ci ruba tempo, passioni energie con qualsiasi cosa possa occupare la nostra mente allora sì, penso proprio dovremmo avere il coraggio di resistere e riappropriarci della capacità di pensare: perché pensare è poter scegliere tra ciò è giusto e ciò che non lo è.
#Resistenze è il titolo scelto per questo festival, la traduzione visiva è affidata al pensiero artistico di G. Todde: i pugni chiusi oppongono resistenza fino a spezzare le catene, liberati sono pronti a riappropriarsi del loro destino, almeno così mi è piaciuto pensarli.
Ci sono urgenze sociali che vanno affrontate da tutta una comunità se si vuole ottenere la speranza di un qualche successo. Ci sono risposte che dobbiamo avere il coraggio di accettare se vogliamo dare a noi stessi una chance.
La vera #rivoluzione qui sta nella capacità di accettare uno spazio di riflessione perché ci espone alle domande, ma soprattutto ci lascia una speranza e nel farlo consegna gli strumenti per occupare il mondo con i nostri sogni.

crediti fotografici:
ph (7) Giulia Camba - Risultati della ricerca | Facebook Copertina, chiusura
Mie 2025. Strangius, Resistenze, la Corte
Nel titolo una frase tratta da Manes T. (2025) Andrea oltre il ragazzo dai pantaloni rosa, Fabbri Editori