Martina Montis
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03 Oct
03Oct

Teresa Manes, Strangius 2025

Sono trascorse poche settimane dall’evento di apertura del Festival letterario #Strangius, appuntamento graditissimo e sempre molto partecipato che anima strade e corti del comune di Serramanna. 

La partecipazione dimostra il valore delle scelte in controtendenza. Complimenti alla direzione artistica,  assessore sindaco e giunta per preservare un lascito culturale importante. 

Un festival letterario è la conquista di uno spazio di riflessione che convoca la nostra struttura emotiva e ci chiede conto su chi siamo e cosa vogliamo diventare.  È uno spazio interiore che ci permette di comprendere il cambiamento: possiamo anche chiederci se ci piaccia o meno, purché pronti ad accettare la risposta e le sue conseguenze.

Così mi sono arrivate le parole di Teresa Manes, madre di Andrea e Daniele: autentiche e libere. Quando senza indugio ha ammesso di non poter dare consigli. Lei non è riuscita a salvare la vita del figlio schiacciato dalla violenza verbale sui social e dall’isolamento.

Tuttavia, nelle sue parole non c’è spazio per la rabbia. Né un giudizio di condanna per una generazione sovrastata dagli strumenti totalizzanti che utilizza.

Andrea oggi vive nei suoi ricordi, nella testimonianza, nelle parole misurate e delicate che rivolge agli studenti e a tutti noi. Daniele da tredici anni cresce senza suo fratello maggiore. La madre non riuscì a dirgli che si era suicidato. Preferì ricorrere alla tragica fatalità, del resto come avrebbe potuto capire un bambino di dieci anni senza sprofondare nel dolore più cupo. Il tempo avrebbe aiutato a razionalizzare l’evento, maturare consapevolezza e rendere probabilmente più sopportabile il dolore.

Il tempo è quello che non si è concesso Andrea. Forse tutto era diventato troppo per un giovane ragazzo di quindici anni che amava la vita, l’estro e la fantasia ma si trovava a fronteggiare la fine del rapporto dei suoi genitori, un amore respinto e una comunità scolastica che lo derideva sui social. L’energia dirompente di un adolescente sembra sia stata spenta da un contesto culturale disattento, molto più proiettato a far funzionare i propri meccanismi che accrescere la struttura emotiva dei suoi giovani membri, sempre troppo soli davanti alle ingiustizie, alle offese e a tutta una violenza ingiustificata che gli cresce dentro.

Così la freschezza irriverente per le convezioni sociali manifestata con lo smalto colorato e i pantaloni stinti -indossati con troppo orgoglio- si trasformano in uno spazio di dileggio e solitudine, bersaglio del branco. 

Il branco che riesce a stare insieme solo se individua un nemico comune sul quale dirigere il proprio giudizio e la propria frustrazione.

Forse era iniziato tutto come un gioco per fuggire la noia.  Un brutto gioco perché non tiene minimamente conto delle ricadute negative che le ingiurie possono avere sulla parte lesa. Questo gioco continua a fare irruzione nella storia dell’uomo e ha una caratteristica pericolosissima: l’altro è presupposto solo come bersaglio, non come persona

La vera difficoltà è superare il modello vittima-carnefice; l'energia resta bloccata in questo schema. Il rispetto diventa un omaggio alla prevaricazione, mentre il silenzio si trasforma in complicità dovuta all'incapacità di scegliere tra giusto e sbagliato. L'energia creativa viene sprecata in pensieri distruttivi, portando all'infelicità. Le parole che scegliamo influenzano profondamente i nostri pensieri: la nostra capacità di creare e cambiare dipende dalla comprensione del linguaggio e dall'accettazione delle risposte. 

Ri-educare il linguaggio è solo l'inizio. Scegliere le parole con cura significa riconoscere l'altro come persona, rispettando i limiti come occasione di condivisione che permette a ciascuno di esprimersi liberamente e mostrare la propria diversità.

La corte, Strangius 2025

La libertà non costruisce alibi, né coltiva  illusioni, non emerge dalla paura ma è il tempo dedicato alla cura della nostra intelligenza emotiva. Il supporto autorevole non cresce fuori dalla comunità fosse quella scolastica, il gruppo degli amici e più semplicemente la famiglia, non è fuori di noi

Il supporto autorevole è l’ascolto l’interesse l’attenzione che mettiamo a disposizione dell’altro. È tutto il tempo che ci consentiamo per elaborare una risposta morale che diventa una scelta etica. È tutto il tempo che Teresa ha concesso noi. 

Il tempo è prezioso.  Se ci viene tolto da questo strano sistema politico-culturale troppo tecnologico che non ci permette di fiorire allora dovremmo avere il coraggio di resistere perché il tempo riempie di senso le nostre parole.

#Resistenze è il titolo scelto per questo festival, la traduzione visiva è affidata al pensiero artistico di G. Todde: i pugni chiusi oppongono resistenza fino a spezzare le catene, liberati sono pronti a riappropriarsi del loro destino, almeno così mi è piaciuto pensarli. 

Ci sono urgenze sociali che vanno affrontate da tutta una comunità se si vuole ottenere la speranza di un qualche successo. Ci sono risposte che dobbiamo avere il coraggio di accettare se vogliamo dare a noi stessi una chance. La vera rivoluzione qui sta nella capacità di accettare uno spazio di riflessione perché ci espone alle domande, smonta i nostri alibi e ci interroga se quello che stiamo diventano ci piace oppure no. Ma soprattutto ci lascia una speranza e nel farlo ci consegna gli strumenti per occupare il mondo con i nostri sogni.

crediti fotografici: 

ph (7) Giulia Camba - Risultati della ricerca | Facebook Copertina, chiusura

Mie 2025. Strangius, Resistenze, la Corte

Nel titolo una frase tratta da Manes T. (2025) Andrea oltre il ragazzo dai pantaloni rosa, Fabbri Editori